Tuesday, February 7, 2012

senzamacchina


Fantascienza. E' sera, sono in macchina di ritorno dall'università. In lontananza, vedo che il semaforo all'incrocio tra Venice e Fairfax lampeggia. E' rotto. E c'e' molto traffico. Ora, questo e' un incrocio gigantesco, al livello dello snodo di Piazza Ungheria a Roma. Mi si gela il sangue, poi capisco che il mio destino e' segnato, mi faccio il segno della croce e mi preparo all'inevitabile ingorgo fantozziano con clacson selvaggio.

Ho l'improvvisa visione dei megaingorghi che ho subito per anni a Roma, quando ero ragazza e abitavo in piazza Pio XI, vero triangolo delle bermuda per gli automobilisti della capitale, motto ufficiale: se lo conosci lo eviti. Due o tre pomeriggi alla settimana, la piazza esplodeva in un abominevole coro di clacson, della durata di ore, durante le quali qualunque attività umana per gli abitanti del quartiere diventava impossibile. Come in quei flash che hanno i moribondi, improvvisamente ricordo la volta in cui ripassavo disperata per l'esame di glottologia e, presa da un impeto d'ira, mi infilai i jeans e scesi in strada con il preciso intento di litigare con qualcuno di questi deficienti che suonavano il clacson impedendomi di studiare. Mi piazzai davanti a una cabina telefonica e osservai per qualche minuto il mare di lamiera abitato da selvaggi con l'occhio vitreo che strombazzavano senza speranza. Tutti fermi, tutti con il pugno chiuso sul clacson, tutti con lo sguardo perso nel vuoto. Li odiai tutti. Allora adocchiai un tale dall'aria particolarmente irritante, e non appena lo vidi appoggiarsi al clacson lo apostrofai educatamente: "MA CHE C*&^ TE SONI??? Ma non lo vedi che ci sono sei milioni di macchine davanti a te, che cosa credi che possano fare se suoni in continuazione, DECOLLAREEEEE???" Quello rimase interdetto per un attimo e poi, con classico aplomb romano, rispose: "Ma a te che te frega, scusa?" "IO ABITO QUI!!!" Momento di silenzio, poi: "E allora cambia casa." Pepperepeeeeeee!!!

Ora, qua non esiste nemmeno la possibilità di litigare in situazioni del genere, perché se con il romano rischi qualche parolaccia, l'americano tira direttamente fuori il mitra legalmente acquistato e ti falcia in 15 secondi. Quindi, avvicinandomi all'incrocio da sei corsie tra Venice e Fairfax, respiro profondamente e mi preparo all'inevitabile. Tiro fuori una barretta di cereali, sistemo la bottiglietta d'acqua minerale accanto al sedile, sintonizzo la radio. Poi mi infilo l'auricolare del telefonino e compongo il numero di casa per avvisare di non aspettarmi per cena. Ma a un tratto mi accorgo che intorno a me c'e' il silenzio più completo. Nessun clacson, nessun urlo. E nessun ammasso di lamiera. No: come in un film muto al rallentatore, le auto procedono lentamente, ma non si fermano più di un paio di secondi alla volta. La scena e' surreale. Arrivo all'incrocio e penso di essere arrivata su un altro pianeta. Le prime tre auto in fila nelle corsie di Fairfax si fermano, LASCIANO PASSARE LE PRIME TRE AUTO DELLA CORSIA DI VENICE, poi ordinatamente passano loro. E così via. Non c'e' un vigile, niente. Tutto autogestito. Quando arriva il mio turno vorrei mandare baci agli automobilisti della strada opposta. Mi sale una risatina isterica in gola. Mi chiedo se sono su scherzi a parte. In meno di due minuti sono fuori dall'incrocio e in cinque, gasp, a casa.

La cena e' ancora sul fuoco. Mentre mi siedo a tavola, ripenso con malinconia al boro che vent'anni fa mi ha detto di cambiare casa. E mi viene un po' da piangere perché mi dispiace, mi dispiace proprio, dargli un pezzettino di ragione.

1 comment:

  1. Però, non è mica detto che con questi post tu debba mettere in crisi noi romani che ancora facciamo finta di credere che qualche buona ragione per restare qui ci sia ancora..... ;)

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