Sunday, January 22, 2012

senzamobili


Non e' vero che l'inferno sono gli altri. L'inferno e' un pomeriggio all'Ikea con marito, figli e suocera. Capisci di aver fatto la scelta sbagliata quando, pochi minuti dopo l'arrivo nel megaparcheggio di Glendale, tuo figlio che si era addormentato in macchina si butta per terra privo di ossa, tua figlia emette un suono simile al miagolio di un gatto in fin di vita e tuo marito e sua madre si scambiano uno sguardo terrorizzato perché sanno che una delle tre bombe a orologeria italiane che hanno di fronte (te e i tuoi figli) e' destinata a esplodere in tempi brevissimi.

Eppure, a mezzogiorno quella di andare all'Ikea m'era sembrata un'idea favolosa, perfetta per occupare il deserto dei Tartari della domenica pomeriggio, lungo più di qualunque cosa Paolo Conte abbia mai visto in vita sua. In genere, esauriti da un giorno e mezzo di weekend, io e Gabriel a questo punto non sappiamo più' che cosa proporre a quei due piccoli ospiti di villaggio vacanze permanente che abbiamo generato, e così restiamo a casa raccontandoci che e' il momento buono per mettersi al pari con l'e-mail e magari fare un salto al supermercato, tanto i bambini hanno le camerette piene di Squinkies, Nintendo DS, Barbie e Lego... E poi c'e' il nuovo X-Box, no? Qualcosa troveranno da fare per occupare un misero pomeriggio, no? Solo che ovviamente verso le tre i figli, dopo aver giocato per un massimo di trenta secondi con tutto quello che possiedono, cominciano la classica alternanza tra le sedute di lotta libera con morsi reciproci e le litanie gregoriane in camera tua. "Mi annoiooooo.... non so che fareeeeee... mamma, ti pregooooo..." salmodiano a turno, drappeggiandosi sulla moquette, sul tuo letto e sullo schermo del tuo computer mentre tu tenti disperatamente di finire quell'unica e-mail che sei riuscito ad aprire. Quindi ho pensato dai, devo comprare quelle famose mensole e quei famosi materassi, stavolta facciamo qualcosa di utile, andiamo all'Ikea, sono tanto organizzati, sono tanto carini, tanto design, tanto svedesi, in caso si può sempre prendere ai bambini un lingonberry juice (ve lo sputeranno in faccia) o un piatto di polpettine (HAHAHA!).

Una volta al mercatone, la situazione degenera rapidamente, anche perche' se l'Ikea di Roma nel fine settimana e' affollata, qui e' affollata di ciccioni. Il consumatore medio americano porta la taglia 72, e oggi lui e la sua famiglia hanno dato appuntamento a tutti i loro amici di Overeaters Anonymous proprio qui, a Glendale, nella zona bedroom dove io devo assolutamente trovare i miei maledetti materassi. Si aggirano tutti con l'occhio vitreo di chi e' in perenne iperglicemia, spingendo carrelli giganteschi pieni di oggetti inutili, prendendo a sederate a ogni curva i miei figli e mia suocera, che sembrano tre esili canne di bambù catturate in mezzo a una mandria di elefanti in marcia. Mio marito assume immediatamente la classica espressione schifata da Oscar Wilde che gli viene quando e' circondato dalla plebaglia oversize dei suoi connazionali. Io assumo subito lo stato isterico che mi viene quando sono in un luogo affollato con i miei figli.

Tutto e' pronto per l'Armageddon. Gia' in zona materassi Gabriel, dopo aver constatato per qualche minuto che non riesco a decidere tra la versione in lattice e quella a molle, perde la testa e propone incautamente, "Vogliamo fare a testa o croce"? Lo guardo gelida e rispondo parlando molto lentamente, con voce finto-calma ma in crescendo: "Testa o croce? Ma che, hai fretta? Hai un appuntamento? Dobbiamo andare da qualche parte? Nonpossiamoprendereunadecisioneseriaaaaaa?". Vedo un lampo di terrore nei suoi occhi. Mi accarezza la testa come si fa con i cani quando ringhiano al bambino dei vicini e io, facendo respiri funnuti come Montalbano quando si incazza con Livia, mi calmo leggermente, faccio provare ai miei figli sei-sette letti diversi, e finalmente seleziono un sultan comecavolosiscrive.

Passiamo alle mensole. Mentre io misuro febbrilmente file di Lack e Hemnes, con la coda dell'occhio becco mio marito che guarda speranzoso, quasi languido, verso l'uscita. Un fremito di rabbia incontrollabile mi invade. MA COME SI PERMETTE??? SONO MESI CHE DOBBIAMO PRENDERE QUESTO C&^%$ DI MENSOLE E LUI SI DISTRAE? Mi accorgo che anche mia suocera, sbatacchiata da orde di panzoni da una divano a un altro, e' ormai in uno stato dissociativo e ha assunto lo sguardo a spirale di Paperino quando viene ipnotizzato. MA IO SONO L'UNICA CHE ANCORA PRENDE LE MISURE QUI??? L'esplosione si fa praticamente inevitabile quando mio marito annuncia, serafico: "Porto Ale a fare la pipi'" e, in meno di un nanosecondo, sparisce. Non ci posso credere. Prima fissa nel vuoto e mo' se ne va pure? Quando torna lo uccido. Quando torna, gli dico... gli dico... ehi, ma non sono quelle le mensole che cercavo? Con gli occhi ormai secchi e brucianti, barcollo verso uno dei finti tinelli color nocciola e prendo l'ennesima misura! Evvai!! Sono quelle giuste!!! Estasi, felicita', esultanza. Mi passa di colpo la rabbia. Mi sembra di aver trovato il tesoro di Priamo. Sono orgogliosa di me, di non aver mollato, di aver mantenuto la calma... Non vedo l'ora di dirlo a Gabriel e, giustappunto, squilla il cellulare. Prima che io riesca a dire una parola, lui fa: "Ma dove sei? Ti stiamo aspettando al Marketplace. Vieni o no?" Zac. Mi sbucano i denti lunghi da lupo mannaro. "Dove sono? Dove sonooooo? Lo sai dove sono? Dove dovresti essere te! STO FACENDO QUELLO CHE SIAMO VENUTI A FARE! HO TROVATO LE MENSOLE GIUSTE! TU PIUTTOSTO, E' CHIARO CHE MI VUOI SABOTARE, CHE NON VEDI L'ORA DI ANDARTENE, E POI CHISSA' QUANDO TORNEREMO E... E.... E..."

Soffoco un singhiozzo, ingoio, e aspetto. Sono sicura di aver innescato Pearl Harbor e mi preparo al contrattacco atomico. Invece Gabriel, che normalmente avrebbe abboccato all'amo e sganciato la bomba, evidentemente s'e' fatto furbo. Stavolta assume la sua identità di arcangelo e, con voce soave, dice: "Ottimo, brava. Stai tranquilla, adesso sistemo tutto io." Poi torna da me, sospinge con decisione i miei figli e mia suocera, ormai inebetita, verso le casse, li lascia li' a tenere il posto, torna indietro un'altra volta, mi da' qualche altra carezza canina, mi aiuta a prendere tutto quello che manca, trasporta mensole e materassi svettando in mezzo ai lardosi con i suoi bicipiti da strafigo che si gonfiano sotto la maglietta e, come per incanto, carta di credito, bacetto, gelatino svedese e voila', siamo fuori. Come Dio e l'arcangelo Gabriele hanno voluto, ce l'abbiamo fatta. Ma sia chiaro. Il mio nome e' mai più.

2 comments:

  1. "...e' ormai in uno stato dissociativo e ha assunto lo sguardo a spirale di Paperino quando viene ipnotizzato." Qui sono scoppiata a ridere!

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  2. Gabriel... CORAGGIO!!!
    Ti sono vicino,
    Ale

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