Wednesday, May 9, 2012

senzaitaliano

Certo che se davvero voglio che i miei figli parlino l'italiano, dovro' decidermi a impararlo io, per prima. E' questa la mia riflessione quando, seduta sul divano dei miei genitori a Roma, assisto al seguente piccolo show.
Entra Sara: "Mamma, guarda, ti faccio l'imitazione."
Esce dal salotto, rientra con cipiglio, braccio proteso in avanti e mano a carciofo, vociona.
"Aho, a signo', ma che sta' a di'? Ma che' se' scema, aho? Aho, a signo', ma che stai a di', che so' pazza? E mamma mia, aho. ODDIO MIO!" Se ne va, sghignazzando. Poi rientra: "Aho, a tifoso!!! (braccio alzato, pompante, a pugno) Ro-ma, Ro-ma, Ro-ma." Ora, a parte che io sono della Lazio, la scena e' agghiacciante. E stranamente familiare. "Ma sarei io?" chiedo con voce tremante. E lei, ridendo istericamente dall'altra stanza: "Ma che ne so, a signo'? Che te devo di'?" Dio mio.
Entra Ale, ciondolante, con un sorrisetto malizioso. Si siede sul divano accanto a me. Mi guarda in faccia  e intanto lo vedo che pensa. In genere e' un chiacchierone, ma in inglese. Qui ha meno padronanza della lingua. Dopo aver deciso che cosa dire, mi osserva in tralice, con il labbro all'insu' e un guizzo da diavoletto. Poi alza gli occhi al cielo, mette le mani in preghiera e le scuote avanti e indietro. "Aaaah, fijo mio benedetto..." Non riesco a trattenermi, comincio a ridere anch'io. Ho creato due piccoli mostri verdoneschi.
Ale mi fissa soddisfatto, poi dopo una pausa dice, in inglese: "You know Mommy, I'm not really Italian-American."
"No?" faccio io. "E cosa sei?"
"I'm Roman-American."
E ciai ragione, ciai.

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