Friday, December 7, 2012

senzacolazione

Quand'ero piccola io, mia sorella e i miei cugini aspettavamo con impazienza l'8 dicembre, Festa dell'Immacolata, non perche' fossimo devoti della Madonna ma perche' ogni anno Nonna Concetta, per festeggiare il suo onomastico, ci portava tutti insieme a fare colazione da Giolitti. 

Per chi non e' di Roma, Giolitti e' un decrepito e snobbissimo locale a due passi dal Parlamento, dotato di una fredda sala con sedie foderate di velluto verde liso e tavoli di legno scrostati, dove ancora oggi i politici vanno per farsi osannare mentre ciancicano un arancino in piedi e i comuni mortali si fermano per il piacere masochistico di farsi trattare a pesci in faccia dai camerieri finto-sordi e dalla temutissima cassiera cicciona.

Per noi quattro nipoti, Giolitti era semplicemente il Paradiso. La colazione dell'Immacolata si svolgeva cosi': appuntamento sotto casa di nonna a un'ora antelucana, tipo le otto. Ispezione del nostro abbigliamento da parte della festeggiata, che si presentava sempre con un colbacco peloso stile Siberia e una gigantesca pelliccia di visone comprata anni prima in un negozio del centro che smerciava, sottoprezzo, abiti di ex-attrici andate in rovina. Per i miei cugini, belli e soprattutto maschi ("Nonna, perche' dici sempre 'auguri e figli maschi?' 'Perche' i maschi so' mejo delle femmine'), l'ispezione vestiaria andava generalmente alla grande: se anche si fossero presentati nudi, nonna avrebbe sorriso indulgente parlando di "look (pronuncia: lucche) particolare." Mia sorella, essendo comunque la piu' piccola, anche a 30 anni, se la cavava sempre perche' "porella, ancora non capisce... Poi nonna te compra un maglioncino un po' mejo, eh, ni'?" Per me, invece, non c'erano scuse. L'ispezione finiva generalmente male. Un anno, sara' stato il 1989, commisi l'errore di indossare un montgomery blu invece del montone pesantissimo che mi aveva regalato lei un paio d'anni prima. Apriti cielo. Nonna, incredula di fronte a tanta follia, si lamento' per ore. L'anno dopo ancora borbottava. E l'anno seguente pure, non si dava pace. Anzi, se fosse viva, sono sicura che parlerebbe tuttora della figuraccia che dovette fare quella volta da Giolitti a causa "de quer cappottaccio che s'e' messa mi' nipote." E aggiungerebbe: "Almeno per anda' da Giolitti te potevi vesti' bene, eh Laure'?"

Dopo la passata in rassegna, si saliva sull'autobus e si andava in centro. Dopo una breve camminata su via del Corso e attraverso piazza Colonna, si arrivava all'agognata mangiatoia. A questo punto, eravamo famelici e ipereccitati. Per evitare la rovina finanziaria, nonna ci nutriva a due riprese. Prima, ordinava un vassoio (pronuncia: gabare') di 10-12 paste e ce le somministrava in piedi, davanti al bancone, a secco. Poi, una volta placata la prima fame, ci permetteva l'accesso alla sala verde, dove passavamo venti minuti tentando di farci notare dal cameriere e poi ordinavamo cornetti e cioccolate calde. Per le 10, avevamo tutti e quattro un sorriso ebete e le bolle che ci uscivano dalle orecchie.

Mentre noi ci scofanavamo, nonna, che a casa era un'ottima forchetta, da Giolitti mangiava sempre pochissimo. Non ho mai capito se lo facesse per darsi un tono o per risparmiare (escludo che non avesse fame, perche' la conoscevo bene), ma di solito ordinava una spremuta d'arancia (pronuncia: aranciata) e un pasticcino o due. Peggio per lei, pensavamo noi masticando come maiali e raccontando barzellette cretine a voce alta.

Dopo la mangiata, c'era naturalmente la passeggiata di rito. Si andava dritti a Piazza di Spagna a vedere il presepe su Trinita' dei Monti. (Io ho sempre adorato quel presepe, finche' l'anno scorso ci ho portato i miei figli e invece di fare "oh" e "ah" come speravo io, i due mostri hanno guardato i miei meravigliosi pupazzi con occhi vitrei e poi mi hanno chiesto di comprare un giocattolo di plastica dal giornalaio). Tornando verso casa, ci si fermava in una pasticceria su Via Frattina, dove una certa signora Mariella che nonna conosceva da quando era giovane ci vendeva un altro gabare' mangereccio, zeppo di squisite bombette alla crema. Nonna giustificava l'acquisto dicendo che "dovemo porta' qualcosa pure a tu' madre e tu' padre, no?" E prima ancora di uscire dal negozio, ci dava una bombetta a testa da mangiare subito.

Nonna poi e' invecchiata, noi nipoti siamo cresciuti, ci siamo sposati, abbiamo cominciato a lavorare in giro per il mondo e a non aver tempo per l'Immacolata di nonna. Le colazioni non sono mai cessate, ma la lista degli invitati cambiava ogni anno. Abbiamo incluso, a varie riprese, fidanzati, mogli, mariti, figli, amici. L'ultima vera colazione dell'Immacolata l'abbiamo fatta cinque anni fa, con i miei figli, mio marito, mia sorella e mio cugino Stefano. Nonna gia' cominciava a perdere la memoria e non ce la faceva a camminare, allora abbiamo abbandonato Giolitti e siamo andati in macchina da Antonini a Piazza Mazzini. Quel giorno nonna era un po' assente, ma particolarmente presa da mio figlio, l'unico bisnipote maschio, al quale sicuramente avrebbe perdonato gli abbigliamenti piu' assurdi se un giorno avesse potuto portarlo, adolescente, da Giolitti.

Invece non ce l'ha fatta a vederlo crescere. Nel giro di pochi anni, l'Alzheimer le ha tolto l'identita', trasformandola in una vecchietta magra magra e un po' paranoica che non riconosceva piu' nemmeno i nipoti. Tre o quattro anni fa, quando ancora non aveva perso del tutto la consapevolezza, andai a trovarla durante un viaggio in Italia. Nonna non mi ha mai perdonato di essere andata a vivere in America con il marito "forestiero," anche se per lei Gabriel era l'uomo piu' bello del mondo ("alto e biondo, che voj de piu'?"). Quando mi vide, quella volta, mi riconobbe. 
"Laure', me sa che tu' padre se la fa con quella ragazza che lavora alla scuola americana... Na bella ragazza..." mi disse a voce bassa bassa.
"Nonna, quella e' mia madre. Sono sposati da quarant'anni."
Nonna, con gli occhi sgranati: "L'HA GIA' SPOSATA?!"
Poi, guardandomi fissa: "Ma tu stai ancora in America? Perche' non torni da nonna tua?"
Non ebbi il coraggio di dire che partivo il giorno dopo. "Sono tornata, nonna. Non me ne vado piu'."
Nonna non disse niente, vidi che gli occhi perdevano la messa a fuoco e gia' non mi capiva piu'. Pero' mi aveva preso la mano e la stringeva.

Nonna Concetta e' morta l'anno scorso, il giorno dopo aver compiuto 94 anni. Ma per me e' ancora li', nella mia testa, che si lamenta dei miei capelli troppo corti, del mio trucco troppo leggero, dei miei cappotti troppo a buon mercato. Mi faceva tanto arrabbiare, mi irritava come nessuno, ma oggi mi manca.

E allora, nonni', domani mattina facciamo cosi'. Io mi vesto malissimo, con un paio di leggings sformati che so che odieresti e "na majettaccia nera," poi per colazione mi faccio una cioccolata calda e mi sbafo un cornetto di Trader Joe's, e intanto faccio finta che ci sei anche tu, qui con me, in America. Buon onomastico.

1 comment:

  1. <3
    E quando a Santa Severa ci costringeva a sentire le canzoni di Christian, oppure non si ricordava i nostri nomi e allora "....a cosa!"

    Mi hai fatto scendere la lacrimuccia!

    Buon Onomastico nonna Concetta!

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