All'apice della confusione e dell'insicurezza, carico sul blog un disegnino dozzinale di un bidet con una manina che sbuca fuori e fa avanti e indietro. Non mi piace per niente, sembra una vignetta di Nonna Abelarda, ma penso che forse così attirerò lettori. L'ha detto Gabriel, che non sbaglia mai. O no? Sempre più incerta, cerco di aggiornare il mio profilo ma mi blocco davanti alla tastiera. Non so che scrivere. Devo fare una cosa spiritosa. Non mi viene niente. Agh!! Non so più chi sono. A questo punto, inviperita non so nemmeno con chi, decido che basta, il blog m'ha già stressato, non lo faccio più.
Improvvisamente, mentre mi lagno col mio povero marito che non capisce perché ieri sera ero così entusiasta e oggi sono pronta a mollare tutto, capisco che sono come Arthur, il bambino-formichiere della serie di libri che i miei figli adorano. In "Arthur Writes a Story," Arthur deve fare un tema per la scuola. Siccome e' secchioncello proprio come Laura, ha subito una bella idea, corre a casa e di getto scrive la storia di quando ha ricevuto in regalo il suo cagnolino. La storia e' semplice, vera e chiara. Soprattutto, e' sua. Ma poi, nei giorni che seguono, Arthur comincia a chiedere consigli alla sorella, agli amici, ai genitori. Uno gli dice di fare un musical, un altro di metterci qualcosa di scientifico, un altro ancora che se non fa ridere e' inutile proprio che scriva. Arthur cambia la storia ogni sera, finche' al venerdì, giorno in cui deve leggerla in classe, si esibisce in un terribile papocchio con danze, rime e battute sciocche che lasciano maestro e compagni annichiliti dall'orrore. Arthur si rende conto che avrebbe dovuto semplicemente fare di testa sua, lo dice al maestro e agli amici, legge la storia originaria e vince il primo premio.
Quindi basta e' deciso. Stavolta faccio di testa mia.
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