Wednesday, August 28, 2013

senzagusto


Un'amica mi invita a cena e mi chiede di scegliere un ristorante italiano. Io propongo di provarne uno aperto da poco, la cui esistenza mi e' nota unicamente perche' si trova a pochi metri dalla mia palestra (generalmente punto zenith della mia vita sociale). Sembra carino, le dico, e poi sulla vetrina hanno incollato un articolo del Los Angeles Times secondo il quale lo chef, tale Vic Casanova, sarebbe in grado di produrre cibo "italiano fino al midollo." Il locale si chiama Gusto, come quel ristorante fighetto al centro di Roma con i camerieri cafonissimi, dettaglio che mi fa sentire un po' a casa. L'amica accetta e ci accordiamo per vederci li'.

Il posto e' piccolo e accogliente, dall'aria minacciosamente costosa. Io e l'amica ci guardiamo e, con un certo timore, ci accomodiamo al tavolo indicatoci da un maitre super-solerte. Abbiamo a malapena poggiato il sedere sulla sedia, che lui, con un entusiasmo vagamente inquietante, fa: "Allora, ladies, siete mai state qui? Conoscete il ristorante?"

Noi, a mezza voce: "Ehm, no, e' la prima vo..."

Lui, con sorriso maniacale: "Ottimo!!" Perche' ottimo? E se avessimo detto si'? Si stressava e ci cacciava via? E perche' e' cosi' eccitato? "Allora, vi spiego come funziona." Come funziona? Come funziona che cosa? Non si ordina, poi si mangia, poi si paga? "Questo e' un ristorante creato da uno chef. Voglio dire, non c'e' un proprietario e poi uno chef ai suoi ordini. Qua Vic e' il capo e lo chef." Buon per lui. Uno stipendio in meno da pagare. E quindi, che vuoi da noi? "Ora, Vic vuole che abbiate un'esperienza gastronomica come se foste nell'Old Country, cioe', sapete, la madrepatria, l'Italia. Vuole che mangiate proprio come fanno li'." Ecco fatto. Quando la buttano sull'autenticita', finisce sempre a spaghetti e polpette. La mia amica, che e' americana, mi guarda di sottecchi e sorride sorniona. Spera che io dica qualcosa, ma io, come un vero giocatore di poker, non cambio espressione. Non mi tradisco. So benissimo di non apparire affatto italiana e di avere solo un vago accento straniero, per cui se non mi auto-identifico posso operare in incognito. E a questo punto voglio proprio vedere questo dove arriva, perche' nel pomeriggio mi sono anche informata e ho scoperto che Mister Casanova e' nato nel Bronx, ha fatto il cuoco a New York, e fino a un anno fa gestiva un ristorante "californiano-italiano" al Four Seasons di Beverly Hills, chiamato (giuro) Culina (lo so, lo so, e' latino, pero' andiamo!).

Il maitre continua il suo discorsetto, porgendoci due menu': "Nell'Old Country il pasto e' composto di varie portate. Quindi l'ideale sarebbe di ordinare una portata da ciascun settore del menu'. Vic consiglia caldamente di fare cosi'." L'uomo si allontana e noi, inebetite, abbassiamo gli occhi sulla carta. "Per prendere un piatto da ogni settore -- dice la mia amica -- dovremmo accendere un mutuo. E poi cos'e' 'sta storia delle portate? Davvero in Italia fate sempre cosi'?" Sto per rispondere che in effetti e' vero, tendiamo sul serio ad avere primo, secondo, contorno, frutta e dolce, quando noto che il menu' e' si', diviso in settori, pero' qualcosa non quadra: ci sono i Piccoli Piatti, poi ci sono Primi e infine ci sono i Piatti. I Piatti?! E i secondi? Li hanno lasciati nell'Old Country?

Quando poi scopro gli errori di ortografia, non mi tengo piu'. "Ma insomma!" esclamo. "Ma un vocabolario di italiano lo venderanno pure, a Los Angeles?!" Si', perche' tra gli antipasti figurano i "ficchi" (figs), mentre uno degli speciali del giorno pare sia condito con "beciamella." Tra i primi troviamo poi gli "Spaghetti Genovese" e i "Ricotta Gnocchi." Italiano fino al midollo, eh? Almeno evitare tutta questa solfa dell'Old Country, dico io, che uno poi ti perdona gli errori. Senno' sai il mal di fegato ogni volta che vai a mangiare fuori, con i vari dining alfresco (cenare all'aperto), piatti di arugula (rucola) e tazzine di caffe' expresso. La mia amica, eccitatissima, risponde subito: "Devi dirglielo, devi dirglielo! Non puoi fargliela passare liscia! Se la tirano troppo! Ti prego! Se non parli tu, parlo io." Io di solito sono troppo timida, ma adesso, con l'amica sul piede di guerra, non posso tirarmi indietro.

Cosi', quando il maitre torna, ordiniamo (tra gli antipasti c'e' la pizza margherita e io, senza vergogna, la chiedo), poi dico: "Scusi se mi permetto, eh, ma ci sarebbero un paio di errori sulla carta." Gelo. Occhio vitreo. Ghigno. "Ah, si'? E quali?" "Soprattutto 'ficchi,' sa, lo cambierei. Ci va una 'ci' sola."

L'uomo mi fissa, mormora rigido, senza sorriso, "Certo, certo, lo dico subito a Vic," e si allontana svelto. E' chiaro che mi ha preso per una pazza mitomane e che a Vic non dira' un bel niente. La mia amica e' indignata. Vuole intervenire. "Non ci ha creduto! Ti ha snobbato! Ora vado a dirgli che sei di Roma!"

Un po' vorrei che lo facesse, ma la vergogna e' troppa e -- a fatica -- la tengo a bada. Pero' poi, come i cornuti, ci ripenso e quindi ecco, oggi, la mia vigliacca vendettina a freddo.


3 comments:

  1. Ma anche a Roma i menu dei locali sono pieni di errori/orrori di ortografia! Che il buon Vic sia davvero del Quartaccio? :-)

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  2. Ormai anche in Italia non c'e' piu' religione di niente. La pizza e' fatta da Arabi e gli spaghetti da Cinesi. Noi pensiamo di andare a mangiare al ristorantino tipico, dove pensiamo ci serviranno il cibo a cui siamo abituati da sempre, ma dietro le quinte ci sono tutte le razze e colori a preparare, mentre gli Italiani pensano alla cucina fusion e vegan.

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