Sunday, November 23, 2014
senzabidet/4
Ritengo sia mio preciso dovere avvisare tutti gli italiani che qui, negli Stati Uniti, è in atto una pericolosa cospirazione contro di noi. Anzi, a essere più precisi, contro le nostre parti intime. E' un vero e proprio complotto anti-bidet, ed è capillare, insinuante e subdolo. Ho le prove.
Circa un mese fa, in casa mia è cominciato l'insidioso capitolo "lavori di restauro del bagno," che io, incauta, ho affrontato con piglio deciso, piena di ottimismo. Sono partita in quarta e ho ordinato alla designer -- una tipa dalla voce melliflua, enormi gioielli in argento e l'evidente presunzione di essere la sorella di Alvar Aalto: "Fai come vuoi, sposta quello che vuoi, ma inserisci un bidet." Lei mi ha guardato con occhio vitreo e ghigno passive-aggressive, ma io ho fatto finta di non farci caso, e ho continuato assertiva, per bloccare sul nascere i suoi inevitabili "se" e "ma" da artista frustrata: "Guarda cara, questo è un dettaglio non-negoziabile. It's non-negotiable." Poi, ho sorriso mielosa. La designer ha annuito rigida, ha raccolto le sue eleganti cartelline color cartone beige, le ha infilate nella sua shopper di cotone grezzo biologico, e se n'è andata lasciandosi dietro un inconfondibile odore di patchouli misto a disapprovazione. "Chi se ne frega," ho pensato trionfante. "Disapprovasse pure. Ho vinto io."
Qualche giorno dopo, mi arriva il progetto. Un bel disegno di un ambiente chic, tutto bianco, dalle linee pulite, con piastrelle semplici ed elegantissime. E senza uno straccio di bidet. Mi sale il sangue al cervello. Questa designer l'ho già inquadrata, a ogni passo fa finta di dire di sì, poi inserisce quello che vuole lei nei progetti, sperando di farmi cambiare idea con la tattica del fatto compiuto. Varie volte ho lasciato andare. Ma stavolta ha esagerato. Pensa sia proprio deficiente? O che non ci veda? Abbella, guarda che sul bidet non si scherza.
Le mando un'e-mail di una riga: "Dov'è il mio bidet?"
Lei, senza fare una piega, replica subito: "Ah, sì, me ne sono dimenticata. Rimedio subito." E ti credo, con quello che ti fai pagare per ogni ora di lavoro, chette frega a te? Poche ore dopo, arriva il progetto revisionato, con tanto di bidet. C'è una nota in cui mi spiega che a causa della modifica, adesso dovremo far costruire gli armadietti su misura, e il lavandino sarà meno spazioso, e infine bisognerà inserire nuove tubature.
"E quindi, quanto pensi verrà a costare?" chiedo, con una stretta al cuore.
"Non so, chiediamo ad Andy," fa lei, con un risolino malvagio nella voce. Andy è il capomastro. Lo consultiamo e lui, dopo aver esaminato il progetto e avermi tenuto con il fiato sospeso per una settimana, mi informa che le modifiche costeranno "un cinque-sei mila dollari in più." Gasp.
Sono in ambasce. Non so che fare. Sono tanti soldi. Però il bidet… Il bidet… Interviene da New York perentoria la zia di Gabriel, la quale, nelle sue funzioni di nostra principale finanziatrice nonché spettatrice fedele di reality immobiliari in TV, sa tutto di restauri e si pronuncia con sicumera su ogni nostra decisione. "Metti il bidet giapponese," mi fa, in tono che non ammette repliche. "Funziona benissimo." Si tratta del water con spruzzino incorporato nella tavoletta, con tanto di comandi elettronici. Mi è sempre sembrato una sciocchezza. "Ma tu come lo sai? Che funziona bene, dico," le chiedo io, già fiaccata nell'animo. "Ce l'hai a casa tua? L'hai mai usato?" "Ma no!" esclama la zia, come se avessi detto la scemenza del secolo. "Figuriamoci che ci faccio io, col bidet. Mai usato. Io il bidet non lo uso." Poi, a mezza voce, come quando si parla di cose scandalose: "Me l'ha detto un'amica mia." Ah, allora.
Vado in crisi. Sbatto i piedi in terra come una bambina che fa i capricci. Io non lo voglio, sto cavolo di bidet giapponese, uffa. IO VOGLIO IL BIDET ITALIANO!!! E BASTA!! Nessuno mi dà retta qui, nessuno mi capisce. SIETE TUTTI ZOZZONI, urlo al povero Gabriel, che mi guarda spaurito. E FATE PURE I SUPERIORI. Sigh. Sob.
Gabriel mi fa pat pat sulle spalle e mormora: "Amore, facciamo come vuoi tu. Se vuoi il bidet, mettiamo il bidet."
Tiro su col naso, mi asciugo gli occhi, annuisco grata. Poi però rifletto a mente fredda e concludo: cinquemila dollari per lavarsi il sedere forse sono troppi. Ho voluto venire a vivere in America, ho voluto la bicicletta, e mo' devo pedala'. Decido di cedere, eroica, con la morte nel cuore, come Napoleone a Waterloo. Avete vinto ancora, zozzoni americani. Vado col giapponese.
(La saga continua. Prossima puntata: l'acquisto del bidet giapponese)
Thursday, April 24, 2014
senzascontrino
"Va bene," dico io, "quanto costa la modifica?"
"Ma niente, signora! E' inclusa, ovviamente!" Ovviamente?
Io, sorpresa e ancora un po' titubante: "Senta, non e' che potrebbe rimisurarmeli, per sicurezza? Non vorrei li avessimo fatti troppo corti…"
La ragazza esegue sorridendo, poi mi rassicura: "Comunque, guardi, se non vanno bene, ce li riporti pure, che' li sostituiamo subito."
"Ma, sa… dopo la modifica… non mi pare il caso…" balbetto.
"No, no signora. Stia tranquilla."
"Be' me li provero' con attenzione prima di togliere la targhetta…"
"No, no, tolga la targhetta! Li puo' cambiare anche se li ha messi e lavati."
Non so che rispondere. Tento una debole domanda, alla disperata ricerca di un ritorno sul pianeta Terra. "Qual e' il limite di tempo per i cambi…?"
"Nessun limite," fa lei, senza pieta' per la mia sanita' mentale. "Assolutamente nessun limite. Quando vuole, se non le vanno bene, in qualunque momento, ce li riporti."
"In… qualunque… mom…" gemo.
"Be', certo, c'e' il rischio che non ci sia piu' il modello. Alle brutte, la rimborsiamo in contanti o sulla carta, oppure le proponiamo un modello simile."
"Allora conservo lo scontrino…" bisbiglio, in un rantolo.
"NOOOO, macche' scontrino! Non si preoccupi! Se lo perde, e' lo stesso."
A questo punto e' una certezza: sono entrata in una dimensione parallela, tipo Matrix. Questa simpatica commessa, cosi' efficiente e tranquilla, e' un mutante. Devo fuggire.
Col cuore in gola, stordita, vado alla cassa per pagare. La cassiera, un altro androide, mi da' l'uppercut: "Signora, vedo che ha richiesto una modifica. Vuole venire a ritirare i pantaloni in negozio, quando sono pronti, o vuole che glieli spediamo a casa?"
"Be'… non saprei… quanto viene la spedizione?"
"Ma signora. E' gratis, naturalmente." In preda al panico, afferro l'inutile scontrino e me la do' a gambe.
Qui a Los Angeles vedo cose che voi umani.
Saturday, April 19, 2014
Senzabiglietti
Mi scrive per e-mail la mia amica Jennifer. Annuncia che, con sprezzo del pericolo, lei, marito e figli hanno deciso di passare le vacanze di Pasqua a Roma. Non basta: mentre sono li', vogliono andare a vedere una partita di calcio allo Stadio Olimpico. Come non bastasse, vuole andare a vedere la Roma (si', io sono della Lazio, ALTRE DOMANDE?) e ha bisogno del mio aiuto.
Jennifer mi spiega che ha provato a collegarsi a un sito web per acquistare i biglietti, ma non e' riuscita a capire come funziona. Si sente molto imbranata e si scusa, concludendo: "Lo so che e' una cosa stupidissima chiederti aiuto per una cosa cosi', ma non riesco proprio..."
"Non ti preoccupare," replico io con aria da bravona. "Ci penso io." Ah, 'sti americani, che frane. Si perdono in un bicchier d'acqua. Che ce vo'? In cinque minuti sistemo tutto e je faccio vede'.
Piena di boria, clicco sul link che mi ha mandato Jennifer e vengo condotta sul sedicente sito in lingua inglese del servizio Listicket di Lottomatica. E' una visione raccapricciante. Il traduttore e' evidentemente Salvatore del Nome della Rosa, il quale ha lavorato anche con una certa fretta. Meta' dei link sono infatti in italiano, l'altra meta' in un inglese incomprensibile.
Esempi: "Inserisci nel carrello" e' lasciato in lingua originale, chissa' perche'. In alto a destra, invece, si sono orgogliosamente cimentati nel favoloso "What you can do?", traduzione letterale di "Cosa puoi fare?", da applauso. "Assegnazione diretta del miglior posto" e "Scelta posto dalla mappa" erano troppo faticosi da tradurre, quindi pace, li hanno lasciati in italiano, che' se ci si sforza troppo poi si suda e in fondo l'americano puo' sempre usare Google. Invece "To complete the purchase you are supposed to be logged in" (che in inglese suona un po' come: "Pe' compra', te devi prima registra'") e' piazzato in alto a lettere cubitali, per farci sapere che Salvatore qualcosa ha pur fatto per guadagnarsi lo stipendio.
(Per curiosita', vado a sbirciare la versione in italiano, e scopro che e' ancora piu' criptica. I biglietti, per dire, sono chiamati "Titoli di accesso," mentre a centro pagina c'e' un misterioso link intitolato "Commissioni di servizio Lis," che non ho osato cliccare per puro terrore.)
Comunque, dopo un primo attimo di smarrimento, mi lancio nell'acquisto dei biglietti. Decido di scialare, tanto non sono io che pago, e seleziono "Tribuna Monte Mario Top" che, se ricordo correttamente e' piu' o meno all'altezza della tribuna stampa. Due adulti, due bambini, e… fatto? Macche'. E' necessario inserire data e luogo di nascita di ciascuno. Ma io che ne so?! Telefono a Jennifer.
"Mi servono le date e i luoghi di nascita."
E' basita. "E perche'?!"
"Ti prego di non fare domande. Non sono dell'umore."
Jennifer invia senza protestare un'e-mail con date e citta', e io inserisco. Il sito accetta. Sospiro di sollievo. "Inserisci nel carrello" e …via! Fatto, si'? Ovviamente, no.
Appare infatti una finestra che mi informa che devo registrarmi per poter acquistare. Giusto: you are supposed eccetera. Colpa mia. "Vuoi registrarti?" E per forza. Inserisco pazientemente il mio nome, cognome, data di nascita, indirizzo, codice fisc… Mo' vuole il mio codice fiscale?! Ma chi se lo ricorda? (Sento in testa la voce di mia madre: "Te l'ho sempre raccomandato di imparare a memoria il codice fiscale. Almeno il cartoncino, ce l'hai?" Sta zitta, ma'! Ma che cio'. I carciofi, cio'.). Fortunatamente il codice si puo' calcolare online. Trovo l'apposito sito, inserisco di nuovo, anader taim, tutti i miei dati personali e ottengo la familiare sfilzetta di lettere e numeri. Con un fremito di trionfo, inserisco, et voila'.
Registrazione ultimata? Nooooo, seeeeh. Calma. "Ti arrivera' un'e-mail con un link per completare la registrazione." Ossignur. Vado sull'e-mail, trovo il link, clicco e mi si apre un'altra finestra. "Scegli una password." Maronna ru' Carmine. Scelgo, inserisco, e aspetto. "La password e' troppo debole. Aggiungi un numero." Eseguo, bestemmiando in turco, mentre s'e' fatta l'una di notte e Gabriel dal letto russa come un cinghiale. Mi bruciano gli occhi. "La password e' ancora troppo debole." Aggiungo una maiuscola, credo, o forse una parolaccia, e finalmente la password passa l'esame. Faccio login e… PUF, trovo il carrello svuotato. I quattro biglietti sono svaniti. Devo ricominciare. Ho un conato di vomito.
Reinserisco nomi, date e luoghi di nascita di quei quattro rompiscatole che vogliono andare a vedere gli zozzi romanisti e vengo ammessa al pagamento. Sto praticamente ansimando. Inserisco il numero della carta di credito e va tutto bene. Poi c'e' il billing address e ci areniamo di nuovo. Apro i menu' a tendina e fino alla richiesta di nazione non incontro ostacoli. Appare "Stati Uniti," scelgo Stati Uniti, e sulla citta' ecco l'impasse. Il menu' mi da' soltanto un elenco di province italiane. Alessandria, Asti, Agrigento… Me sta a scoppia' er cervello. Sono pronta a tutto e quindi, con un ghigno diabolico, mi lancio nella follia e inserisco "Reggio Emilia," cosi', per sfregio. Invece di bloccare tutto, il sito non protesta, anzi mi trasporta in avanti. "Verifica carta di credito. Ci stiamo collegando alla tua banca." La verifica passa, io con il batticuore aspetto l'esito finale e… "Declined." Prova ancora e sarai piu' fortunata.
Continuo a provare fino alle due, poi furiosa e stremata, mando un'acidissima e-mail a Jennifer dicendole in sostanza che i biglietti se li comprasse lei che io devo andare a dormire. Poi mi metto a letto e mi pento. Mi sento in colpa. In fondo, quella povera donna mi ha chiesto un piacere… Che amica sono…? Che colpa ne ha lei…? Mi vengono anche pensieri compassionevoli verso la Roma e romanisti. Che male hanno fatto, tutto sommato? Mi addormento con il cuore pieno di bonta' e decisa a non cedere.
La mattina dopo decido che la cosa migliore e' passare la patata bollente e telefono quindi a Roberta e Alessandro, coppia di amici romani capaci di navigare la burocrazia italiana come Ulisse sul Mediterraneo. Raggiungo Roberta e le spiego il problema.
"Ho provato e riprovato sul sito…"
"Quale sito?", fa lei, brusca.
"Ehm… quello di Lottomatica…"
"HA HA HA! Ma lo sanno tutti che quel sito e' un delirio. Lascia perdere. Bisogna andare in ricevitoria."
"Ma, da qui…?"
"Ci vado io. Ciao." Clic.
Passano alcune ore e richiamo. Sono tranquilla, perche' so che Roberta non fallisce mai. Invece trovo Alessandro, il quale mi spiega mesto che alla ricevitoria gli hanno chiesto i documenti di identita' degli spettatori. I documenti ORIGINALI, non le fotocopie. Mi dice che, siccome come me pure lui s'e' intignato, ha quindi attivato un amico di Roberta amico di un dirigente della Roma il quale, addirittura da Trigoria, lo ha informato che nemmeno lui può' far niente per ovviare a questa regola dei documenti, in quanto sancita da una legge dello Stato.
"Ma allora che si deve fare? Andare direttamente da Totti per avere du' biglietti?!", chiedo io, esasperata.
"Dice che l'unica e' Internet"
"Ma se il sito non funziona?"
"Infatti ho provato anch'io e non sono riuscito. Pero' da Trigoria mi hanno spiegato che il sito non funziona bene perche' stanno facendo manutenzione all'Olimpico."
Boh. Rendiamoci conto. Riparano le tubature e si blocca il server Internet. Solo in Italia, aho. Alessandro pero' non cede e dopo qualche ora mi scrive vittorioso: "Ho comprato i biglietti!" Totale: 365 euro, cioe' 523 dollari. Gulp.
Telefono trionfante a Jennifer, le racconto tutto il calvario, e concludo: "Certo, per 500 dollari spero che sia una bella partita."
E lei: "Figurati. A me nemmeno piace, il calcio."
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