Monday, April 30, 2012

senzagomme

Arrivo a Roma dopo il solito viaggio infernale di sei milioni di ore. Non appena l'aereo tocca terra, quasi tutti i passeggeri, col telefonino incollato all'orecchio, si sganciano le cinture e si alzano. "Ma stiamo ancora andando, mamma!" dice Sara, bambina molto attenta alle regole e alla sicurezza (bella di mamma). "Lo so amore, ma qua sono quasi tutti italiani... Tu pero' resta seduta." E infatti, molto prima di arrivare al gate, con le hostess della British che alzano gli occhi al cielo e rinunciano ad abbaiare, come di solito fanno in queste circostanze, "you must remain seated until the aircraft has come to a complete stop," la maggior parte dei passeggeri e' in piedi e pronta a scendere. Poi devono aspettare un quarto d'ora stipati in piedi con le borse appese alle spalle, ma vuoi mettere la soddisfazione?

Finalmente scendiamo, io, marito intontito e bambini inebetiti, e ci dirigiamo alla stazione delle due navette che ci porteranno al terminal. Sull'entrata di una delle due c'e', naturalmente, un cartello scritto a mano, come quello dei portieri: "Guasta." E come te sbagli? Saliamo sull'altra. Come al solito, la voce registrata dello shuttle mi ricorda lo sketch in cui Anna Marchesini dice a Tullio Solenghi, "Bevi qualcosa, Pedro. Su, bevi qualcosa, Pedro." E intanto Pedro s'e' gia' scolato un fiasco di vino. "Le porte stanno per chiudersi. Allontanatevi," dice il disco quando il trenino e' gia' partito da almeno un minuto e le porte sono chiuse da quel di'. "Il treno sta per fermarsi. Sorreggersi agli appositi sostegni," insiste Miss Sky Shuttle, mentre noi siamo gia' al ritiro bagagli.

Ovviamente rinunciamo subito a prendere un carrello perche' costa due euro, noi non abbiamo due euro e i gabbiotti per il cambio valuta non hanno (HA HA HA) moneta da cambiare. Passa una signora arrancante con neonata in braccio e carrello, disperata perche' non sa dove deve andare a prendere il passeggino. "Sa, io ormai vivo a Londra," mi fa, "e li' te lo danno insieme ai bagagli..." Mentre io l'aiuto a cercare il passeggino, Gabriel e i bambini si piazzano al carosello cinque. Che ovviamente, nonostante l'atterraggio sia avvenuto oltre 40 minuti fa, e' immobile e vuoto.

Squilla il cellulare e comincia il delirio di telefonate con mio padre, che e' venuto a prenderci.
"Laure', so' Papa'."
"Ciao, Papa'."
"Siete arrivati?"
"Si', siamo arrivati. Dobbiamo ancora prendere i bagagli pero'."
"Vabbe'. Io sto girando intorno all'aeroporto. Non me fanno ferma'. Adesso vedo se e' il caso di parcheggiare. Chiamami quando hai preso le valigie."
"Non posso, Papa'. Non ho credito. Richiamami tu tra 10 minuti." (ovviamente sono sicura che tra dieci minuti non sara' cambiato niente, perche' a Fiumicino il tempo e' misurato diversamente e dieci minuti umani qui equivalgono a un nanosecondo).

Drin.
"Laure', so' ancora Papa'. Mi sono fermato dove ci sono le auto col conducente. Se ti sbrighi, t'aspetto qua. Terminal 3, uscita 6."
"Va bene. Ma ancora le valigie non si vedono."

Drin.
"Laure', m'hanno fatto sposta'. Sto di nuovo girando. Quando esci, vieni sopra."
"Sopra dove, Papa'?"
"Sopra a dove stai adesso."
"Non so di che parli."
Interviene Gabriel: "Ho capito io."
"Dice Gabriel che ha capito lui."
"Vabbe', ci vediamo la'."
Sospetto che Gabriel non abbia capito una beneamata, ma non dico niente. Cominciano ad arrivare i primi bagagli. "Mamma, mamma, eccone due dei nostri!!!" Evvai.

Drin. "Laure', so' Mamma."
"Eh. Ciao, Mamma."
"Siete arrivati?"
A Ma', che dici te? "No, sto ancora in America."
"Che?"
"Scherzo, dai, Ma'. Si', siamo arrivati."
"Hai sentito Papa'?"
"Si', ci aspetta fuori."
"Va bene, io ti ho rifatto i letti."
"Grazie, mammi'."

Drin.
"Laure', so' Papa'. Sono ancora sopra, ma m'hanno fatto risposta'. Adesso devi venire al Terminal 3, uscita 3." Ma che vorra' dire? Non ci capisco piu' niente. Ma non discuto. "Va bene, Papa'."

Finalmente arrivano tutte le valigie, usciamo, passiamo la dogana e andiamo fuori. Incredibilmente, Gabriel ha davvero capito che cosa intendesse mio padre per "sopra," e ci ritroviamo sulla strada che costeggia i parcheggi a pagamento. Mio padre ha accostato in curva. Le auto strombazzano. I bambini, inconsapevoli di tutto, salutano contenti, "Ciao Nonno!!!" Nonno, flemmatico, saluta e bacia i bambini. Io e Gabriel cominciamo a caricare le valigie febbrilmente, mentre i clacson continuano a suonare. Arriva una vigilessa. "Se ne deve andare da qua. Non si puo' stare." "Ma allora uno dove si deve mettere, scusi? Non te fanno ferma'..." "Non mi interessa, qua e' in curva.  Non lo vede? Vada." "Va bene, va bene, mi faccia finire di caricare i bamb..." "No, signora, vada. Deve. Andare. Subito." "Ah, va bene, vado. Che faccio, lascio i bambini qui con lei?" La vigilessa diventa cremisi, Gabriel mi prende per un braccio e mi trascina via. La vigilessa ha i denti lunghi da vampiro. "VUOLE CHE LE FACCIA LA MULTA? HO DETTO VADAAAAA!" Gulp. Salgo in macchina, partiamo.

Come da rituale, Gabriel si siede davanti con Papa', il quale ci racconta i fatti degli ultimi giorni. Il padre del Trota e i diamanti della Tanzania, la nuova tassa Imu che dovremo pagare pure noi, il prezzo della benzina che continua a salire.

Poi: "Hai visto che v'ho fatto riparare la radio?" dice Papa', indicando lo stereo della nostra vecchia auto, che e' rimasta a lui.
"Ah, si'! E come hai fatto a trovare il codice?"
"L'ho portata al concessionario. Pero' m'hanno rubato le gomme."
"Che?!"
"Eh. Avevo preso gomme costosissime da un altro, dal gommista mio di fiducia, e dopo un po' di giorni che ero stato in officina mi sono accorto che tre erano diverse. Me ne hanno lasciata una sola, delle mie."
"Ma chi, quelli del concessionario?!"
"E per forza. Uno che ti ruba le gomme per strada mica te le sostituisce, no?"
Gabriel: "E che t'hanno risposto quando gliel'hai detto?"
Papa': "Ovviamente che era impossibile. In piu' m'hanno pure spillato 135 euro per una batteria che se te la compri da solo ne costa 50. Ladroni."

Ale, semi-addormentato: "Mamma? Che ha detto Nonno?"
"Niente amore, parla della sua macchina."
"Ma possiamo andare a cena a casa sua stasera? Perche' i rigatoni di Nonno sono i piu' buoni del mondo. Meglio dei tuoi, eh."

E cosi', invece del cipiglio disgustato che mi viene sempre dopo dieci minuti a Roma, pensando a tutti i misfatti che succedono nel mio Paese, stavolta mi sorprendo a sorridere tra me e me. Faccio un sospiro, appoggio la nuca allo schienale. Aaaah. Che ve devo di'? Per oggi, va bene cosi'. Benvenuti a casa.


Thursday, April 19, 2012

senzapasta


Finisco un esame all'universita' in anticipo e decido di mandare un messaggio a Gabriel per fargli sapere che sto arrivando. Scrivo: "Ho finito. Vengo a casa. Butta la pasta (in italiano)." Sto per premere il tasto "invio" poi mi fermo. Attimo di terrore. "E se questo capisce che deve proprio buttare la pasta? Nel senso di buttare nell'immondizia la pasta avanzata dalla cena? Perche' sa che sono a dieta, e forse non ha capito che stasera ho deciso di romperla... Magari se la mangia lui..." Agh. Mai sia. Allora, non volendo rinunciare alla mia patetica battuta, tento di aggiungere una spiegazione didattica: "Butta la pasta e' un detto italiano. Si riferisce agli anni Cinquanta, quando i mariti telefonavano alle mogli..." Mi fermo. Mi faccio pena da sola. Gia' la battuta non era questo granche', poi se la devi pure spiegare...
Scrivo: "Coming home." Send. Clic.

Wednesday, April 18, 2012

senzasindaco


Cosi' ieri sera Gabriel mi porta a un gala. Un vero gala, eh, al Beverly Hills Hotel. Io, contentissima, tutta elegante, truccata. Ancora piu' contenta quando vedo che tra gli ospiti c'e' il sindaco di Los Angeles, Antonio Villaraigosa, una specie di Al Pacino prestato alla politica, molto glamour, molto attore. Subito, da vera deficiente, penso: voglio farmi una foto col sindaco! E mandarla a mamma e papa'!! Chiedo a Gabriel se si puo' fare. Lui mi guarda impietosito e nemmeno mi risponde. Ma io non mollo. E dai, e dai, gli dico, dai. Come on. Facciamocela insieme.
E lui: "No, io no, non me la posso fare la foto col sindaco."
Io: "E perche', scusa?!"
Lui: "Faccio il giornalista, sai. L'ho intervistato varie volte."
"Embe'?
"Non sarebbe serio. E' una questione di etica."
"Va be', andiamo. Me la faccio io."
Arrivo dal sindaco, un vero professionista del sorriso Durban's, il quale non si fa pregare, anzi, tutto contento mi mette subito un braccio intorno alle spalle.
Sindaco a Gabriel: "Dai, vieni anche tu."
Gabriel: "No, sindaco, davvero."
Sindaco: "Come on! Your wife..."
Gabriel: "No, guardi, sindaco, l'ho intervistata varie volte..."
Il sindaco mi guarda come per dire, "boh," e finalmente ci facciamo 'sta benedetta foto.
Dopo, a casa, commento: "Certo che sei proprio americano. Io tutti 'sti problemi non me li faccio."
E Gabriel: "Ma che c'entra. Tu adesso non fai piu' la giornalista. Fai un altro lavoro."
Io: "Ti assicuro che anche quando lavoravo non mi sarei fatta alcun problema. E nemmeno i colleghi."
Lui: "No, dai. Anche un giornalista italiano, se scrive di politica, evita di farsi fotografare a una festa con un parlamentare, no?"
Io: "HA HA HA HA HA!!!"
Lui: "Dici di no? Tu pero' eviteresti, vero?"
Io: "HA HA HA HA HA!!!"
Lui: "Non ci credo, guarda."
Io: "Come sei dolce, tesoro. Quando andiamo a Roma, se fai il bravo ti vendo la fontana di Trevi."
E lui: "Cretina."

Wednesday, April 11, 2012

senzasuperpoteri


Torno a casa dopo una giornata passata all'universita'. Sono le otto di sera e io sono uno straccio. Ho un raffreddore mostruoso, un mal di testa martellante e un esame domani. L'unica cosa che voglio a questo punto e' buttarmi a letto con un litro di Nyquil in corpo.
E invece no. Gia' mentre parcheggio la macchina, vedo i miei figli che mi aspettano sulla porta, in piedi in pigiama uno vicino all'altro, ondeggianti, come le gemelle fantasma di Shining. Sento le loro vocine salmodianti attraverso i vetri dell'auto. "Mammaaaaaa...Vieniiiiiii... Mammaaaa..."
Appena emergo dalla macchina, si scaraventano verso di me.
Ale: "Mammaaaaaaa!!! Vieni a vedere il gioco sull'iPad, sono al livello 6, Sara e' al livello 18!!!"
Sara (a braccia conserte): "Mamma. E' dalle 6 e mezza che ti aspetto."
Io (con cappotto addosso, chiavi in mano e due borse cariche di libri sulle spalle): "Si', Ale, arrivo. Sarina, mamma te l'aveva detto che veniva da Encino..."
(Ancora a braccia conserte, piu' cipiglio) "Non avevo capito. E poi, chiudi la porta, che il gatto scappa."
Appare giustappunto il gatto, il quale, puramente per infastidirmi, ha deciso dalla nascita di non chiedere da mangiare ad altri che a me. "MIAOOOO," mi fa, guardandomi dritto negli occhi, evidentemente irritatissimo. Apro una scatoletta mentre la bestia sale sulla mensola e mi annusa e lecca la faccia.
Ale (strillando dall'altra stanza): "Mammaaaaaaaa!!!! Il giocooooooo!!"
"Eccomi, eccomi, un momento di pazienza!!"
Butto borse, cappotto, chiavi sul divano e corro a guardare l'iPad. Emerge dalla cucina Gabriel, semi-barcollante, con l'occhio a mezz'asta del genitore che ha passato troppo tempo con i propri figli in queste lunghissime vacanze di Pasqua. Mi fa con tono severo: "Guarda che questi bambini devono andare a dormire. E' gia' tardi."
"Eh. E io che devo fa--"
"MAMMAAAAAA!!!"
"Eccomi, Ale, eccomi, stai calmo."
Arrivo in camera da letto e trovo Sara sdraiata che si dimena come un verme, e geme. Sembra in preda a orrendi dolori. "Che c'e', Sara, stai male?" "Nooooo... noooo..."
"Mamma?!?"
"Si', Ale, fammi vedere questo gioco."
Guardo un gioco chiamato Farm sull'iPad e ovviamente non ci capisco una mazza. Ale mi spiega, in maniera velocissima, tutta una procedura per cui compri pecore, vendi fragole e ari i campi. Ara i campi? Sto ragazzino ara i campi? Ma magari. Ma se bisogna pregarlo in greco per fargli lavare le mani?? Boh.
Mentre guardo semi intontita il gioco, Sara, sentendosi trascurata, si contorce piu' intensamente e alza il volume dei lamenti: "Mammaaaaaa... Ma lo sai che io per Pasqua non ho ricevuto nessun regalooooo...?"
"Amore mio d'oro, ma se abbiamo fatto la caccia alle uova, con tutta quella cioccolata..."
"Ma quello non e' un regalo. Io voglio un Easter basket. Scommetto che Giulia l'ha avuto." (Giulia e' la cugina di Sara, nata otto giorni fa)
"Tesoro, Giulia non ha manco aperto gli occhi, ancora."
"Be', scommetto che a lei un regalo per Pasqua l'hanno fatto. E a me, COME AL SOLITO, niente."
"Come al solito? Ma se hai appena avuto un compleanno? Hai piu' giocattoli di Toys R Us."
"Non e' vero!! Ne ho pochissimiiiiiiii!!!"
"Va be', io devo fare la pipi'."
Mi dirigo stancamente verso il bagno quando vengo sorpassata da un velocissimo Ale sgomitante: "LARGOOOOOOO!!!! DEVO FARE LA CACCAAAAA!!"
Gabriel, che s'e' piazzato davanti alla TV a guardare una partita di basket, avverte dal salotto con tono lugubre, alla "ricordati che devi morire:" "Questiiii -- bambiniiii -- devonoooo -- andareeee -- aaaa -- dormireeee."
"AHO, MA CHE VOI DA ME? SO' APPENA ARRIVATA E..."
Ale, dal bagno, allarmatissimo: "Mamma, ho la diarrea!!"
Sara, dalla stanza: "Mamma, Ale ha la diarrea!!!"
Ale: "Mamma, corri!!! E porta le mutande pulite!!!"
Mi precipito verso il bagno e inciampo sul gatto, il quale evidentemente non ha gradito la scatoletta prescelta ed e' venuto a protestare. Mi passa tra le gambe, mi fa quasi cadere e intanto miagola ritmicamente: "Miao. Miao. Miao. Miao." Riesco a districarmi, arrivo al bagno e subito scaravento il ragazzino sul lavandino (perche' come sappiamo, qua non c'e' il bidet). Mentre tento un disgustoso lavaggio, dalla stanza da letto proviene un CLUNK e poi un urlo belluino. E' Sara: "AAAAAAAH!!! Ho sbattuto la testa sulla spalliera del lettoooooo!!! UAAAAAH. UAAAAH. (pianto con ragli)."
Io (urlando): "Gabriel, per cortesia, puoi portare del ghiaccio a Sara? Io sto lavando il sedere ad Ale."
Gabriel, camminando lentamente, con il ghiaccio in mano: "Ma cosa urlate tutti quanti. E poi cosa c'e' ancora? T'ho detto che devono dormire."
Ora lo uccido.
Finisco di pulire il piccolo, poi vado dalla grande, ormai in preda a un pianto dirotto. Urla frasi sconnesse: "Mi sono fatta maleeee... e' colpa tua... stai sempre con Ale... hai detto che venivi piu' presto... voglio un regalo per Pasqua... E POI NON TI VEDO MAIIIIIII!!! SOB SOB!!"
Finalmente mi infilo nel lettone con tutti e due. Gabriel fa un giro di ricognizione per la stanza da letto poi si piazza a guardarci. Sara piagnucola. Ale saltella. Gabriel mi fissa a braccia conserte.
Io: "Ti serve qualcosa?"
Lui: "No, e' che e' tard--"
Io: "TE NE VAI, PER PIACERE?"
Gabriel torna ai suoi Knicks. Noi tre ci infiliamo sotto le coperte, io in mezzo, i bambini ai lati, ognuno con una mano di mamma sotto il braccio. Sara fa qualche altro sniff, Ale si dimena per qualche minuto perche', dice, "mi sento hyper," poi finalmente si addormentano come angioletti. Io non ho ancora fatto la pipi' da quando sono rientrata. Estraggo piano piano le mani, sgattaiolo fuori dalle coperte carponi e penso: altro che John Carter, altro che Transformers. La vera vita eroica qua la facciamo noi. Le mamme.